Emergenza Coronavirus: le sanzioni per chi non rispetta gli obblighi.
Decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, recante "Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19". 
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La straordinaria necessità ed urgenza di emanare nuove disposizioni per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha condotto all'adozione del decreto legge in oggetto, pubblicato nella GazzettaUfficiale, Serie Generale, n.79del 25marzo 2020. 
Per quanto riguarda il sistema delle sanzioni, l'art. 4 del decreto legge  supera lo strumento originariamente individuato nell'art. 650 del codice penale e prevede una differenziazione tra gli illeciti. 
Gli illeciti sono distinti in due categorie:
a) ordinarie violazioni 
delle misure di contenimento, punite con sanzioni amministrative pecuniarie, da 400 a 3000 euro, e accessorie, chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni);
B) specifica violazione del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione 
o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus (art. 1, comma 2, lett. e), costituente reato ai sensi dell' art. 260 del Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7 dello stesso art. 4 del decreto legge in esame. 
L’art.4 comma 6 prevede che, salva l'ipotesi della contestazione del reato di epidemia colposa 
(art. 452 cp, pena prevista fino a 12 anni di reclusione), la violazione della misura del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora 
per chi sia sottoposto a quarantena essendo risultato positivo al Covid 19 è punita a norma dell'art. 260 R.D. 1265/1934, con l'arresto da tre a diciotto mesi e l'ammenda da 500 a 5000 euro. 
Con la depenalizzazione delle ordinarie violazioni  non è possibile lo strumento del sequestro preventivo, ma è attuabile  la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio.
L’irrogazione delle sanzioni amministrative è di competenza del Prefetto per la violazione delle misure di cui all' art. 2, comma 1, adottate con decreti presidenziali.
Per le violazioni delle misure di contenimento regionali e comunali, la competenza a  irrogarle spetta all’ autorità che le ha disposte.
Si allega uno stralcio degli articoli 1-2-4 
del decreto legge 
marzo 2020 n. 19. 
                  Art. 1   Misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19 
 Per contenere e contrastare i rischi  sanitari  derivanti  dalla diffusione del virus COVID-19, su  specifiche  parti  del  territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalita' di esso, possono essere adottate, secondo quanto previsto dal presente decreto,  una  o  piu' misure tra quelle di cui al  comma  2, per  periodi  predeterminati, ciascuno di durata non  superiore  a  trenta  giorni,  reiterabili  e modificabili anche piu' volte fino al 31 luglio 2020,  termine  dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e con possibilita' di  modularne  l'applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo  l'andamento  epidemiologico del predetto virus. 
 Art. 2        Attuazione delle misure di contenimento 
 Ai sensi e per le finalita' di cui al comma  1,  possono  essere  adottate, secondo  principi  di  adeguatezza  e  proporzionalita'  al  rischio effettivamente presente su specifiche  parti  del  territorio nazionale ovvero sulla totalita' di esso, una o piu' tra le  seguenti  misure: 
    a) limitazione della circolazione delle persone, anche prevedendo  limitazioni  alla  possibilita'   di   allontanarsi   dalla   propria residenza, domicilio o dimora  se  non  per  spostamenti  individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze  lavorative,
da situazioni di necessita' o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni; 
    b) chiusura al pubblico di strade  urbane,  parchi,  aree  gioco,  ville e giardini pubblici 
o altri spazi pubblici; 
    c) limitazioni o divieto  di  allontanamento  e  di  ingresso  in territori comunali, provinciali  o  regionali,  nonche'  rispetto  al territorio nazionale; 
    d) applicazione della misura della  quarantena  precauzionale  ai soggetti che hanno avuto contatti  stretti  con  casi  confermati  di malattia infettiva diffusiva o che rientrano da aree, ubicate  al  di fuori del territorio italiano; 
    e) divieto assoluto di allontanarsi dalla  propria  abitazione 
o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perche' risultate positive al virus; 
    f) limitazione o divieto delle riunioni o degli assembramenti 
in  luoghi pubblici o aperti al pubblico; 
    g) limitazione o sospensione di manifestazioni  o  iniziative  di qualsiasi natura, di eventi e di ogni  altra  forma  di  riunione  in luogo pubblico o  privato,  anche  di  carattere  culturale,  ludico, sportivo, ricreativo e religioso; 
    h) sospensione delle cerimonie civili  e  religiose,  limitazione dell'ingresso nei luoghi destinati al culto; 
    i) chiusura di cinema, teatri, sale da concerto  sale  da  ballo, discoteche,  sale  giochi,  sale  scommesse  e  sale  bingo,   centri culturali, centri sociali e centri ricreativi o altri analoghi luoghi di aggregazione; 
    l) sospensione dei congressi, di ogni tipo di riunione  o  evento sociale 
e di ogni altra attivita' convegnistica o congressuale, salva la possibilita' di svolgimento a distanza; 
    m) limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e  disciplina in luoghi pubblici o privati,  ivi  compresa la possibilita' di  disporre  la  chiusura  temporanea  di  palestre, centri  termali,  sportivi,  piscine,  centri  natatori  e   impianti sportivi, anche se privati, nonche' di disciplinare le  modalita'  di svolgimento  degli  allenamenti  sportivi  all'interno  degli  stessi luoghi; 
    n) limitazione o sospensione delle attivita' ludiche, ricreative, sportive e motorie svolte all'aperto 
o in luoghi aperti al pubblico; 
    o)  possibilita'  di  disporre  o  di  affidare  alle  competenti autorita' statali  e  regionali  la limitazione,  la  riduzione,  la sospensione o la soppressione di servizi di trasporto di persone 
e di merci, automobilistico, ferroviario, aereo,  marittimo,  nelle  acque interne, anche non di linea, nonche' di trasporto pubblico locale; 
    p) sospensione  dei  servizi  educativi  per  l'infanzia  di  cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e delle attivita' didattiche delle scuole di ogni  ordine  e  grado,  nonche' delle istituzioni di formazione superiore, comprese le universita'  e le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica,  di corsi professionali, master, corsi per  le  professioni  sanitarie  e universita' per anziani, nonche' i corsi professionali e le attivita' formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e  locali e da soggetti privati, o di altri analoghi corsi, attivita' formative o prove di esame, ferma  la  possibilita'  del  loro  svolgimento  di attivita' in modalita' a distanza; 
    q) sospensione  dei  viaggi  d'istruzione,  delle  iniziative  di scambio o gemellaggio, delle visite guidate e delle uscite didattiche comunque denominate, programmate  dalle  istituzioni  scolastiche  di ogni ordine e grado sia sul territorio nazionale sia all'estero; 
    r) limitazione o sospensione dei servizi di apertura al  pubblico  o chiusura dei musei 
e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e  del  paesaggio, di cui al  decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42,  nonche'  dell'efficacia delle disposizioni regolamentari sull'accesso libero o gratuito a tali istituti e luoghi; 
    s) limitazione della presenza fisica dei dipendenti negli  uffici  delle amministrazioni pubbliche, fatte comunque  salve  le  attivita' indifferibili e l'erogazione dei servizi essenziali  prioritariamente mediante il ricorso a modalita' di lavoro agile; 
    t) limitazione  o  sospensione  delle  procedure  concorsuali  e selettive finalizzate all'assunzione di personale  presso  datori  di lavoro pubblici e privati, con possibilita' di esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati e' effettuata esclusivamente su basi
curriculari ovvero con modalita' a distanza, fatte  salve  l'adozione degli atti di avvio di dette procedure entro i termini fissati  dalla legge, la conclusione delle  procedure  per  le  quali  risulti  gia' ultimata  la  valutazione  dei  candidati  e   la   possibilita'   di  svolgimento  dei  procedimenti  per  il  conferimento  di   specifici incarichi; 
    u) limitazione  o  sospensione  delle  attivita'  commerciali  di vendita al dettaglio, a eccezione di quelle necessarie per assicurare la  reperibilita'  dei  generi  agricoli,  alimentari  e   di   prima necessita' da espletare con modalita' idonee ad evitare assembramenti di persone, con obbligo  a  carico  del  gestore  di  predisporre  le condizioni per garantire il rispetto di  una  distanza  di  sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a  prevenire  o  ridurre  il
rischio di contagio; 
    v) limitazione o sospensione delle attivita' di  somministrazione al pubblico di bevande 
e alimenti, nonche' di consumo  sul  posto  di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti; 
    z) limitazione o  sospensione  di  altre  attivita'  d'impresa  o professionali, 
anche  ove  comportanti  l'esercizio   di   pubbliche funzioni, nonche' di lavoro autonomo, con possibilita' di  esclusione dei servizi di pubblica necessita' previa assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non sia  possibile  rispettare  la distanza di sicurezza  interpersonale  predeterminata  e  adeguata  a prevenire o ridurre il rischio di contagio come principale misura  di contenimento,  con  adozione  di  adeguati  strumenti  di  protezione individuale; 
    aa) limitazione allo svolgimento di fiere e mercati, a  eccezione di quelli  necessari  per  assicurare  la  reperibilita'  dei  generi agricoli, alimentari e di prima necessita'; 
    bb) specifici divieti o limitazioni per  gli  accompagnatori  dei pazienti  nelle  sale  di  attesa 
dei   dipartimenti   emergenze   e accettazione e dei pronto soccorso (DEA/PS);  
    cc) limitazione dell'accesso di parenti e visitatori a  strutture di ospitalita' e lungo degenza, 
residenze sanitarie assistite  (RSA), hospice,  strutture  riabilitative  e  strutture   residenziali   per anziani, autosufficienti e non, nonche' agli istituti penitenziari ed istituti penitenziari per minorenni; 
    dd) obblighi di comunicazione al servizio sanitario nazionale nei confronti di coloro che sono transitati e hanno  sostato  in  zone  a rischio epidemiologico 
come identificate dall'Organizzazione mondiale della sanita' o dal Ministro della salute; 
    ee) adozione di misure di informazione e di prevenzione  rispetto al rischio epidemiologico; 
    ff) predisposizione di modalita' di lavoro agile, 
anche in deroga alla disciplina vigente; 
    gg) previsione che le attivita'  consentite  si  svolgano  previa assunzione da parte del titolare o del gestore  di  misure  idonee  a evitare assembramenti di  persone,  con  obbligo  di  predisporre  le condizioni per garantire il  rispetto  della  distanza  di  sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a  prevenire  o  ridurre  il rischio di contagio; per i servizi di  pubblica  necessita',  laddove non sia possibile rispettare tale distanza interpersonale, previsione di protocolli di sicurezza anti-contagio, con adozione  di  strumenti di protezione individuale; 
    hh) eventuale previsione di  esclusioni  dalle  limitazioni  alle attivita' economiche 
di cui al presente comma, con verifica caso  per caso affidata a autorita' pubbliche specificamente individuate. 
  3. Per la durata dell'emergenza di cui  al  comma  1,  puo'  essere  imposto lo svolgimento delle attivita' non oggetto di sospensione  in conseguenza dell'applicazione di misure di cui al presente  articolo, ove cio' sia assolutamente necessario per assicurarne  l'effettivita'
e la pubblica utilita', con provvedimento del prefetto  assunto  dopo avere sentito, senza formalita', le parti sociali interessate.
Art. 3 omissis
Art. 4 Sanzioni e controlli.
1. Salvo che il fatto costituisca reato, 
 il mancato rispetto  delle misure di contenimento 
di cui all'articolo 1, comma 2, individuate  e applicate con i provvedimenti  adottati  ai  sensi  dell'articolo  2, comma  1,  ovvero  dell'articolo  3, e'  punito  con   la   sanzione amministrativa 
del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 
e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall'articolo 650  del  codice  penale  o  da  ogni  altra  disposizione  di  legge attributiva di poteri per ragioni di sanita', di cui all'articolo  3, comma 3.  Se  il  mancato  rispetto  delle  predette  misure  avviene mediante l'utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate  fino  a un terzo. 
  2. Nei casi di cui all'articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v),  z)  e  aa),  si  applica  altresi'  la sanzione  amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attivita' da 5  a  30
giorni. 
  3. Le violazioni sono accertate ai sensi della  legge  24  novembre  1981, n. 689; si applicano i commi 1, 2 e 2.1 dell'articolo  202  del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia  di  pagamento in misura ridotta. Le sanzioni per le violazioni delle misure di  cui all'articolo 2, comma 1, sono irrogate dal Prefetto. Le sanzioni  per le violazioni delle misure di cui all'articolo 3 sono irrogate  dalle autorita' che le hanno disposte. Ai relativi procedimenti si  applica l'articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18. 
  4. All'atto dell'accertamento delle violazioni ci cui al  comma  2, ove necessario per impedire la prosecuzione o la  reiterazione  della violazione,  l'autorita'  procedente  puo'   disporre   la   chiusura provvisoria  dell'attivita'  o  dell'esercizio  per  una  durata  non  superiore  a  5  giorni.  Il  periodo  di  chiusura  provvisoria   e' scomputato dalla corrispondente sanzione  accessoria  definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione. 
  5. In caso di reiterata violazione 
della medesima  disposizione  la  sanzione  amministrativa  e'  raddoppiata  e  quella  accessoria   e' applicata nella misura massima. 
  6. Salvo che il fatto costituisca violazione dell'articolo 452 
del  codice penale o comunque piu' grave reato, la violazione della misura di cui all'articolo 1, comma  2,  lettera  e),  e'  punita  ai  sensi dell'articolo 260 del regio decreto 
27 luglio 1934,  n.  1265,  Testo  unico delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7. 
  7. Al comma 1 dell'articolo 260 del regio decreto 27  luglio  1934,  n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, le parole «con  l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire 40.000 a lire  800.000»  sono sostituite 
dalle seguenti: «con l'arresto da 3 mesi a 18 mesi  e  con  l'ammenda da euro 500 ad euro 5.000». 
  8. Le disposizioni del presente articolo 
che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in  vigore  del  presente decreto, ma in tali casi le sanzioni  amministrative  sono  applicate nella misura minima  ridotta  alla  meta'.  Si  applicano  in  quanto compatibili le disposizioni degli articoli  101  e  102  del  decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507. 
  9.   Il   Prefetto,   informando   preventivamente   il    Ministro dell'interno, assicura l'esecuzione delle  misure  avvalendosi  delle Forze di polizia e,  ove  occorra,  delle  Forze  armate,  sentiti  i
competenti comandi territoriali.  Al  personale  delle  Forze  armate impiegato,  previo  provvedimento  del   Prefetto   competente,   per assicurare l'esecuzione delle misure  di  contenimento  di  cui  agli articoli 1 e 2 e' attribuita  la  qualifica  di  agente  di  pubblica
sicurezza. 

«                       Nulla è più dolce dell’amore, ogni altra felicità gli è seconda; dalla bocca sputo anche il miele. Così dice Nosside; solo chi non è amato da Cipride ignora quali rose siano i suoi fiori.                                               »                                              Frammenti di Nosside in Antologia Palatina, libro V, 170 Meleagro di Gadara.                                                                                                                                                                    L’Enciclopedia Italiana ha selezionato il termine “femminicidio ” quale parola dell’anno 2023, nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono.                                                       “                                  Come Osservatorio della lingua italiana                                               – spiega infatti Va l e r i a D e l l a Va l l e , c o d i r e t t r i c e scientifica del “Vocabolario Treccani” –                                                           non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola “femminicidio” in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere                                                           ”.                                                                                                              Ebbene, a febbraio 2024, il Parlamento Europeo e gli Stati dell’Unione hanno raggiunto l’accordo sulla Direttiva Europea sulla violenza di genere, la prima legge europea che si occupa della materia.                                                                               L'obiettivo è di rendere omogenea la lotta alla violenza sessista nell'Unione Europea, eliminando e superando normative distanti e disparate fra di loro, vigenti fra i vari Stati.                                                                               Rappresenta una pietra miliare, perché è il primo strumento giuridico, completo a livello UE, destinato a contrastare la violenza contro le donne.                                                                               La futura Direttiva si occuperà di cyberbullismo, incitamento all'odio online e violenza, matrimonio forzato, mutilazione genitale, violenza informatica, molestie sessuali attraverso mezzi digitali.                                                                  Comprenderà un elenco di circostanze aggravanti; l'intento è di punire le violenze effettuate per motivi di orientamento sessuale, genere, colore della pelle, religione, origine sociale, convinzioni politiche, oppure per preservare o ripristinare "                                  onore"                                               ; sono miglioratele procedure per la sicurezza e la salute delle vittime, una migliore attività di segnalazione, prevenzione e raccolta di prove da parte delle autorità.                                                                                                              Rappresenta tuttavia una grave lacuna della Direttiva  l’esclusione della sua applicazione alle donne migranti.                                                                  Ulteriore perplessità è costituita dal fatto che non includerà uno dei reati più gravi, ossia lo stupro, il fatto più violento alla persona e alla libertà delle donne.                                                                   Il mancato inserimento dipende da una serie di fattori che la Commissione Europea ha tentato di dirimere.                                                                               Infatti, a marzo 2022, la Commissione europea aveva formulato la proposta di definire la violenza sessuale, identificandola quale rapporto in assenza del consenso.                                                                  Quindi qualsiasi rapporto sessuale non concordato sarebbe stato tipizzato come stupro; le vittime sarebbero state agevolate dal punto di vista processuale, in quanto non avrebbero dovuto fornire la prova che fosse stata utilizzata la forza, la minaccia o la coercizione.                                                                   Alcuni paesi già hanno adottato, in ambito nazionale, la definizione del reato quale rapporto basato sulla mancanza di consenso.                                                                               Diversi paesi, anzi ben 14, si sono opposti ad una simile definizione.                                                                  La Germania e la Francia sostengono che la materia specifica appartiene alla potestà legislativa penale nazionale e non è fra quelle delegate all'Unione.                                                                   La Polonia e l'Ungheria sono ideologicamente contrari al fatto che il consenso possa costituire la base per la distinzione o meno del rapporto lecito dall'illecito.                                                                                                 La domanda chiave è su “                                  cosa o come”                                               intendere il  rapporto consensuale.                                                                                                                        Secondo alcune correnti del femminismo, “                                  il consenso è impossibile                                               ”.                                                                               La disuguaglianza di potere tra uomini e donne è così grande che, di fatto, ogni accordo è viziato a livello del sistema sociale. Finché ci sarà disuguaglianza di potere ci sarà violenza. La libertà di una delle parti, quella delle donne, è un’apparenza. Il rapporto diventa un obbligo, in quanto in una società patriarcale si vive male e con alibi.                                                                               Si tratta di una visione autoritaria, manichea, e come tale è inaccettabile.                                                                               Secondo altre teorie il consenso è possibile e, per di più, dovrebbe essere obbligatorio, affermativo, esplicito.                                                                  Da un lato propone che “                                  il consenso non è impossibile, ma è difficile                                  ”, per cui bisognerebbe “assicurarsi” che la donna esprima un chiaro “                                  sì                                  ” oppure un “                                  No                                               ”                                              è no”                                  , ma ciò non appare accettabile in quanto immergerebbe il rapporto in una visione di tipo contrattualistico, lontana dalla realtà effettuale.                                                       Secondo altri il “                                  consenso è molto facile                                               .” Basta sapere cosa vogliamo e verbalizzarlo. Quanto più inequivocabile è questa espressione positiva della volontà di fare sesso, tanto meglio è. Non dobbiamo prestare attenzione solo alla volontà, ma anche al desiderio.                                                                  Anche questa teoria appare non recepibile, in quanto collega la volontà al desiderio, come se il desiderio fosse sempre trasparente e intelligibile e, invece, non abbia momenti di ambiguità, per cui un “no”, molte volte è un ”sì”.                                                                                                  Il consenso può essere non necessariamente entusiastico e anche non esplicito, ma certamente è delimitato dall’area legale e penale, per cui se non c'è volontà e non c’è consenso, allora si tratta di violenza; altro limite è rappresentato dall’etica, per cui se manca la volontà perché c’è stata un’incomprensione, un errore, manca il sentimento fra amanti, ma non c’è aggressione, intimidazione, allora non è un crimine.                                                                               La direttiva costituisce un traguardo nella lotta alla violenza di genere, ma dimostra la persistenza di una mentalità passata e contraddittoria, in quanto la stessa Convenzione di Istanbul , adottata da quasi tutti gli  Stati Europei, all'art. 36, comma 1 lett. a, obbliga gli Stati firmatari ad adottare misure legislative per perseguire penalmente i responsabili dei comportamenti intenzionali, fra cui lo stupro, definito come "atto sessuale non consensuale".                                                                                                 Ebbene, dopo la ratifica del 2013, l’articolo 609-bis c.p. non ha subito modifiche per allinearlo alla Convenzione di Istanbul.                                                                    In particolare, la sua formulazione non menziona il consenso, rappresentando una vera e propria lacuna giuridica.                                                                               Sul punto soccorre la giurisprudenza e la dottrina che invece lo considerano come elemento essenziale del reato.                                                                               La recente sentenza della Corte di Cassazione conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il consenso debba essere presente al momento dell'atto e, malgrado il comportamento provocatorio, anche durante tutto l'atto sessuale.                                                                               In precedenza aveva affermato che                                              «l’esimente putativa del consenso dell’avente diritto non è configurabile nel delitto di violenza sessuale, in quanto la mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l’errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale»; ne deriva che «ai fini della consumazione del reato di violenza sessuale, è richiesta la mera mancanza del consenso, non la manifestazione del dissenso, ben potendo il reato essere consumato ai danni di persona dormiente                                               ».                                                                               Alcune pronunce hanno riconosciuto la configurabilità, in astratto, dell'esimente putativa del consenso nei reati sessuali, come errore fondato sul contenuto espressivo , in ipotesi equivoco, di precise e positive  manifestazioni di volontà promananti dalla persona offesa.                                                                               Il consenso della vittima non vale se erroneamente ipotizzato dall’autore; l’assenza di consenso non vale come sì; il consenso dovrebbe essere esplicito ed inequivocabile.                                                                  Il richiamo è, quindi, ai valori della nostra Carta Costituzionale, alla parità di genere, all’educazione e al rispetto reciproco della dignità umana, quale base per le relazioni umane.                                                                                                                                                   BIBLIOGRAFIA                                                                   Il termine "                                     femminicidio                                                   " deriva dall’unione del sostantivo femminile “femmina” a cui è aggiunto il suffisso “cidio”, similmente a omicidio, deicidio, regicidio, ecc. Secondo l’Accademia della Crusca, il femminicidio consiste nel “provocare la morte di una donna, bambina o adulta, da parte del proprio compagno, marito, padre o di un uomo qualsiasi, in conseguenza del mancato assoggettamento fisico o psicologico della vittima”. https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/femminicidio-i-perche-di-una-parola/803.                                                                        https://www.treccani.it/magazine/atlante/societa/femminicidio-e-la-parola-dell-anno-2023.html .                                                                         Secondo la Platform for undocumented migrants (Picum), una ong con base in Belgio che promuove il rispetto dei diritti umani dei migranti senza documenti in Europa, ha denunciato la cancellazione delle norme che avrebbero protetto le donne migranti, in particolare coloro senza documenti o con un                                     permesso di soggiorno temporaneo.                                  Clara Serra, “Il senso del consenso”, Nuevos cuadernos Anagrama, 2024; intervista su https://youtu.be/AuCIVgPY1                                  La Convenzione è stata ratificata in Italia con la legge del 27/6/2013 n.77.                                  Invece il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito in legge 15 ottobre 2013, n. 119, è la prima "legge contro il femminicidio", così nel suo preambolo: "il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato rendono necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica".                                  Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 32447 del 26 luglio 2023: «integra l’elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona». Cassazione Penale, Sez. III, 10 maggio 2023 (ud. 19 aprile 2023), n. 19599                                  “In tema di violenza sessuale, il dissenso della vittima costituisce un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice e, 8 pertanto, il dubbio o l'erroneo convincimento della sua sussistenza investe la configurabilità del fatto - reato e non la verifica della presenza di una causa di giustificazione (Sez. 3, n. 52835 del 19/06/2018, Rv. 274417). Il dissenso, quale elemento oggettivo della fattispecie, deve vertere sugli atti sessuali e consiste in un fenomeno di natura psichica che concerne lo stato soggettivo del soggetto passivo, non quello del soggetto attivo del reato. Da ciò deriva che il dissenso è fuori dalla valutazione degli elementi soggettivi del reato e quindi del dolo. Diversa invece è la valutazione in ordine alla coscienza e alla volontà della condotta da parte del soggetto autore del delitto. Nel reato di violenza sessuale, la coscienza di costringere la persona offesa a compiere o a subire un atto sessuale si manifesta innanzitutto nella consapevolezza del dissenso di questa. Pertanto, l'errore sul dissenso, che esclude il dolo ai sensi dell'art. 47 cod. pen., consiste nell'errore sul valore sintomatico delle manifestazioni esterne di resistenza all'atto sessuale poste in essere dalla persona offesa. Trattandosi di un errore sul fatto, è necessario che il soggetto, che ha agito presupponendo una realtà diversa da quella effettiva, debba dare pienamente conto degli elementi fattuali che hanno determinato in lui, nonostante l'uso della normale diligenza, l'erroneo convincimento dell'esistenza del consenso”. Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 06/12/2023) 05/03/2024, n. 9316.                                                                                     Articolo estratto da “L’Eco Giuridico" n. 4 de1 8/04/2024- Centro Studi Zaleuco Locri
 
  

Dalle visure catastali spesso è visibile l'esistenza di un livello, ossia la concessione in godimento di un terreno a fronte del pagamento di un corrispettivo annuo.                                                                               Si tratta di un istituto risalente al diritti romano e che ha avuto grande applicazione in periodo medievale.                                                                  In particolare i grandi proprietari terrieri (Comune, Chiesa, Nobiltà) costituivano sui loro terreni degli oneri a favore degli affittuari.                                                      Oggi sebbene in molti atti sia constatabile, i rispettivi titolari da tempo non lo esercitano, e non ritengono di essere vincolati.                                                      Ebbene, in un'ipotesi di contestazione sulla validità dell'iscrizione, è intervenuta la Cassazione, che ha così statuito:                                                      "                                               il regime giuridico del livello va assimilato a quello dell'enfiteusi, in quanto i due istituti, pur se originariamente distinti, finirono in prosieguo per confondersi ed unificarsi, dovendosi, pertanto, ricomprendere anche il primo, al pari della seconda, tra i diritti reali di godimento.                                                                  L'esistenza del livello deve essere accertata mediante il titolo costitutivo del diritto o l'atto di ricognizione, mentre deve escludersi rilievo ai dati catastali                                  "                                  .
 
  



